venerdì 7 dicembre 2012

"Tanto, tanto bene" : a cose fatte

A cose fatte 

E' stata una bella avventura, una sfida piuttosto alta affrontata con dei compagni di viaggio che si sono rivelati di una bravura superiore alle aspettative. Non era facile: una commedia piena di trabocchetti strutturali, stilistici, di significato; poteva andare diversamente, poteva uscirne fuori una storiella boccaccesca come tante altre: un po' di sesso, di situazioni ambigue, qualche sorpresina ed ecco fatto, il corrispettivo teatrale del cinepanettone! 
Invece. 
Sul filo del rasoio di una storia sempre in bilico tra moralità ed immoralità, tutti hanno saputo tenere la recitazione nel registro disinvolto della normalità, dandole così il senso e la giustificazione che lo svolgersi degli eventi rischierebbe di negare. Con sfumature che sarebbe ipocrita nascondere, ognuno è 

stato capace di tirar fuori il meglio di sé stesso, arrivando pure, in alcuni casi, a superare limiti tecnici e caratteriali che durante le prove sembravano invalicabili. Sono cose che è difficile apprezzare dalla platea in quell'esperienza unitaria che accoglie tutt'insieme parole, luci, musica, ma che costituiscono il bello, il meraviglioso dell'evolversi delle prove.
A tutti indistintamente il Regista, cavato il cappello, s'inchina ammirato. L'Autore, peraltro, ancora si sta chiedendo come ci siano riusciti.
Abbiamo finito con un pienone al termine di un crescendo di consensi che si è manifestato nel progredire delle repliche a conferma del fatto che quando si lavora bene la risposta c'è; è vero un po' in ogni campo, ma nel teatro, alla prova immediata del pubblico, è forse più vero che altrove. Ci hanno seguiti, non solo con le risate, ma anche con i mormorii ed i silenzi, come si sente fare nelle commedie importanti. Anche le critiche, che per fortuna non sono mancate, hanno confermato che ciò che partiva dal palco arrivava agli spettatori nel suo significato e nell'impatto emotivo. Critiche? Sì, ho scritto che "per fortuna" ci sono state, perché non si tratta di un testo "buonista" e pacioccone, ma di una commedia piuttosto sofisticata e spregiudicata che tocca una tematica delicata ed anche irritante; se si è parlato proprio di questo vuol dire che abbiamo saputo raccontarla correttamente, senza causare travisamenti triviali o ridicoli. In aggiunta alle critiche sentirsi dire che sembra una commedia americana ha rappresentato più di un premio ad un concorso teatrale. Di ciò l'Autore è grato.
Ma il bello è che c'è piaciuto farlo e che ci frigge la voglia di rifarlo, correggendo quello che si può. Perché lo si vuole. Insieme.
Eh, insomma... ditemi se è poco !





giovedì 15 novembre 2012

Tanto, tanto bene

DOVE: Al Teatro Elettra a Roma, in Via Capo d'Africa 32, molto vicino al Colosseo.
 

QUANDO: Venerdì, Sabato, Domenica, dal 23 Novembre al 2 Dicembre. Venerdì e Sabato alle ore 21 e la Domenica alle 18
 

INFO: 392-6922307

CON: Andrea Maiorella, Angelica A. Pedatella, Claudia Pedatella, Riccardo Ruta, Gabriella Manca, Marcella Cruciani, Laura Calvani
Tecnica: Mario Dazzini
Regia di Mauro Eberspacher

PER CHI: Per chi non crede che la vita debba scorrere sempre e solo secondo regole certe, accettate, sicure e prefissate, ma nel pieno rispetto dell'altro e del senso naturale della giustizia personale.

CHE COSA: Una commedia sentimentale a geometria variabile, di solida moralità non consentita, in cui amore, odio, pianto e riso s'impastano con un lieve senso di nostalgia.

COME: La trama, insomma... beh, è giusto dirlo, tanto poi lo si scopre comunque.
Allora: c'è un bel giovane che... sì, insomma... Ed un uomo che dentro casa... Poi due ragazze, prima una, poi l'altra... E ogni tanto due signore... Ma alla fine non ti compare...?
Ecco, appunto. Chiaro, no?
(...mi sa che ho detto troppo...)

giovedì 26 aprile 2012

Ricominciare a scrivere

Lo si dice per tante cose: "è come andare in bicicletta". Lasciando stare la discriminazione ai danni di chi non ha mai imparato ad andarci, sì, tornare a scrivere è stato un po' come ritrovare un'abitudine riavvicinata con cautela, col timore di scoprire che non lo si fa più facilmente come sembra di ricordare; che la sospensione autoimposta possa aver cancellato alcuni piccoli, ma determinanti, meccanismi; che lo slancio precedente potesse aver oscurato la scarsa qualità dei risultati e, quindi, adesso, riprendendo penna e calamaio, possa valer la pena di fare una piccola revisione dello stile, del linguaggio, delle idee.
Ho riletto alcune mia cose precedenti. Ne sono uscito con genuino stupore: scrivevo così? Ho davvero prodotto io quelle frasi, quelle atmosfere? Pur ricordando tutto della genesi di quelle commedie, di quelle scene, di quelle battute, del dilemma tra i diversi modi possibili di scrivere una certa frase perché rendesse un certo effetto, pur ricordando dov'ero, cosa mi si agitava intorno...
Beh, ho scritto cose bellissime, ardite, spudorate ed altissime.
Non ho vinto concorsi; quelli cui ho partecipato si sono conclusi con giudizi a volte pesanti, segno, forse, che le mie commedie sono belle solo per me, oppure che semplicemente non sono adatte a partecipare ai "Concorsi". Ed in effetti ci sarebbe da domandarsi cosa significhi partecipare ad un concorso, od operare una selezione. La resa sulla scena quasi sempre ha spazzato via le valutazioni negative, ma il dubbio restava: è buon materiale? "Parla" al lettore? Rende l'idea che avevo al momento della stesura? In conclusione: è piacevole, fa venir voglia di portarlo in scena o la fa passare?
Ultimamente, in curiosa contemporanea, due diversi e distanti gruppi hanno intrapreso la messa in scena di due miei lavori: "Il senso della realtà" e "Sempre con me", due commedie molto diverse tra di loro, per tema, sviluppo, genesi, struttura, maturità (termine pomposo) di scrittura; sono stato avvisato ed invitato a vederle. Mi sono sentito gratificato e fortemente motivato: forse riprendere a scrivere non è del tutto inutile, forse non rimarrà non letto, forse non sarà tempo e fatica (tanta) sprecati.
Così ho ripreso. Al contrario di come avevo imparato a fare, stavolta ho lasciato andare la penna; le scene si sono susseguite una all'altra costruendo il confronto dei personaggi, la situazione, la trama, la storia, qualcosa, insomma, ne è uscito fuori.
Ora siamo alla prima limatura del grezzo, poi, dopo tre/quattro settimane di riposo, lo riprenderò in mano per rivederlo criticamente con l'obiettivo di buttarne o cambiarne almeno il 30%. Come facevo prima. Come farò d'ora in poi.
Almeno, spero.